NASA DART e l’importanza della difesa planetaria

Quello che è accaduto la notte del 27 settembre 2022 (ore 1.14 italiane) non è fantascienza ma realtà.

Le porte di una nuova “disciplina”, ovvero quella della difesa planetaria, si sono spalancate con il lancio della sonda spaziale DART (Double Asteroid Redirection Test) contro l’asteroide Dimorphos per modificarne il periodo orbitale con un impatto che è avvenuto a 24000 km/h.

L’obiettivo della missione, che ha avuto successo, è quello di permettere nel corso del tempo la raccolta di nuovi dati per i futuri progetti di difesa planetaria realizzando e perfezionando sistemi di guida di grande precisione con il tentativo di deviare asteroidi o altri corpi celesti pericolosi, evitando quindi un impatto con la Terra in grado di poter causare, in determinate circostanze, anche l’estinzione del genere umano.

Come ci ha tenuto a precisare Thomas Zurbuchen (amministratore associato della NASA) non si è attualmente a conoscenza di asteroidi pericolosi per la Terra per i prossimi 100 anni ma lo studio di tecniche per deviarli è fondamentale e, soprattutto, deve essere fatto per tempo.

Dunque, quello di qualche giorno fa è stato un test di prova e per questo motivo è stato scelto un sistema doppio non effettivamente pericoloso per il nostro pianeta. A riprendere da vicino lo scontro era presente l’ormai famoso satellite italiano LICIACube realizzato dalla Argotec di Torino per conto di ASI con le prime immagini che sono state rilasciate negli scorsi giorni e molte ancora che arriveranno prossimamente. Si tratta della prima missione tutta italiana attiva nello spazio profondo, a circa 13 milioni di chilometri dalla Terra.

L’evento era così importante e di grande rilevanza che anche il telescopio spaziale Hubble e il telescopio spaziale James Webb hanno osservato quanto accadeva. I dati quindi di tutti i telescopi coinvolti, oltre che dei satelliti LICIACube e Lucy permetteranno di raccogliere informazioni sulla struttura di Dimorphos, sul suo comportamento dopo l’impatto, sulla quantità di materiale eiettato nello Spazio e sulla sua velocità. Ancora, osservandolo poi con diverse lunghezze d’onda si potrà sapere se i frammenti separatisi erano di piccole o grandi dimensioni.

Grazie alla velocità con la quale è avvenuto l’impatto, è stato possibile modificarne il periodo orbitale che prima era pari a 11 ore e 5 minuti (si stima che verrà modificato dell’1% riducendolo di circa 10 minuti) e studiarne gli effetti (deviandone il percorso “naturale”).

Dunque, come ha commentato Lori Glaze (direttore della divisione di scienze planetarie della NASA): “Stiamo intraprendendo una nuova era, un’era in cui abbiamo potenzialmente la capacità di proteggerci da qualcosa come l’impatto di un asteroide pericoloso”. 

Qualcosa che, fino a poco tempo fa, poteva sembrare impossibile (se non inimmaginabile) ora sta diventando realtà grazie ai progressi della scienza.

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